“In generale, però, il rimpianto maggiore è non aver battuto la Lazio nell’agosto del 1999 a Montecarlo, perché in quel momento quella di Eriksson era la squadra più forte del mondo”. Con queste parole Sir Alex Ferguson, allenatore di lungo corso del Manchester United, commemora la sconfitta patita dai suoi ragazzi, freschi vincitori della Champions League, nella Supercoppa Europea 1999. I biancocelesti, trionfatori nella Coppa delle Coppe contro il Mallorca (ultima edizione del torneo), si imposero infatti con un tiro del “Matador” Marcelo Salas che superò il dimenticabile portiere Raimond van der Gouw.
Viene allora lecito chiedersi come sia possibile che la vittoria di uno scudetto da parte della “squadra più forte del mondo” possa essere considerata un’impresa.
Il mercato di preparazione per la stagione 1999/2000, oltretutto corrispondente al centenario della fondazione della società e in concomitanza col giubileo indetto nella capitale da Papa Giovanni Paolo II, fu ben gestito. La cessione di Bobo Vieri all’Inter (trasferimento da 90 miliardi di lire che fece segnare un record per il calcio italiano) e il riscatto di Giuseppe Signori da parte del Bologna furono bilanciate da un intelligente perfezionamento della rosa: il mediano Nestor Sensini e il trequartista Juan Sebastian Veron dal Parma; la mezzala Diego Pablo Simeone dai nerazzurri come contropartita nell’affare Vieri; Simone Inzaghi, giovane e prolifico centravanti, dal Piacenza. Nella sessione invernale il parco attaccanti fu ulteriormente rimpolpato con l’arrivo dell’ex juventino Ravanelli da Marsiglia.
La stagione, in linea con le annate precedenti, si rivela strepitosa se pesata in base alla storia biancoazzurra.
In campo internazionale, dopo la Coppa delle Coppe della stagione precedente e la Supercoppa, i ragazzi di Eriksson superano agevolmente la prima e seconda fase a gironi della Champions (il formato dell’epoca era differente da quello moderno), fermandosi solo ai quarti davanti al Valencia di Hector Cuper, futura finalista.
La bacheca si arricchisce della seconda Coppa Italia in tre anni: dopo essersi sbarazzati di Ravenna, Juventus e Venezia, vincono la doppia finale contro la deludente Inter di Lippi con un 2-1 a Roma e uno 0-0 a Milano.
Il vero capolavoro della squadra del presidente Cragnotti fu però in campionato.
La formazione della Lazio era probabilmente la più completa e forte di sempre, forse anche più della solida ma poco stellare compagine del ’74, che vinse lo scudetto guidata da Maestrelli in panchina e Chinaglia sul campo.
L’ undici titolare era il seguente: Marchegiani; Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro; Almeyda, Simeone; Nedved, Veron, Conceição; Salas. I rincalzi non erano, però, di minor valore: Favalli, Couto, Lombardo, Sensini, Stankovic, Ravanelli, Boksic, Simone Inzaghi e Roberto Mancini.
Il cammino in Serie A è di alto livello, con numerose e convincenti vittorie, tuttavia i saltuari intoppi, come le sconfitte con Roma, Venezia, Verona e Milan, o i pareggi contro gli stessi rossoneri, l’Inter, il Bari e la Juventus, sono sufficienti a tenerli a distanza dalla vetta, occupata dalla “Vecchia Signora” di Carlo Ancelotti. Sembra che nemmeno questa stagione il tricolore potrà essere cucito sulle loro maglie, un po’ come l’annata precedente, quando i biancocelesti si fecero rimontare un buon vantaggio in classifica, lasciando lo scudetto al Milan di Weah e Bierhoff.
Ciò che nessuno può sapere è che la storia sta per ripetersi…stavolta a loro favore!
I bianconeri, tradizionalmente solidi, a cavallo del cambio di millennio, sono una squadra strana, gonfia sia di campioni come Pippo Inzaghi, Del Piero, Davids e Zidane, sia di grandi lavoratori come Conte, Tacchinardi, Pessotto e Montero, ma non capace di restare compatta fino alla fine, dunque molto inconcludente.
Il club torinese si rende protagonista di un vero e proprio “suicidio sportivo”: un distacco di ben 9 lunghezze a 9 partite dalla fine viene sprecato perdendo con Milan e Verona, oltre alla sconfitta casalinga spartiacque contro la Lazio, decisa da un gol di testa del “Cholo” Simeone. Si giunge all’ultima giornata con solo più 2 punti di differenza tra il primo e il secondo posto. Il 14 maggio gli aquilotti liquidano con un perentorio 3-0 in casa la Reggina e poi attaccano l’orecchio alla radiolina, poiché ai loro avversari sta accadendo di tutto. La Juventus, impegnata a Perugia contro i grifoni del romanista Mazzone, chiude la prima frazione sullo 0-0, ma durante la pausa si scatena sullo stadio un acquazzone di proporzioni bibliche. Nonostante le condizioni del campo siano disastrose l’arbitro Collina decide, per non intaccare la continuità del campionato, di far disputare la ripresa, pur con un netto ritardo dovuto alle perlustrazioni. Nel secondo tempo la squadra bianconera pare smarrita e, al minuto 49, il difensore Calori trafigge Edwin van der Sar, portiere fenomenale all’Ajax ma deludente in quel di Torino, portando il parziale sull’ 1-0. Nonostante gli strenui tentativi degli attaccanti juventini, però, il risultato resta invariato fino al triplice fischio.
I tifosi biancocelesti, rimasti all’Olimpico per attendere la fine della partita in Umbria, possono quindi esplodere in tutta la loro gioia quando gli altoparlanti trasmettono le parole di Riccardo Cucchi, radiocronista di “Tutto il calcio minuto per minuto” il quale per tutta la carriera nascose la propria fede laziale, che annuncia: “Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio 2000… la Lazio è Campione d’Italia”.
Samuele Bonino